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GLI PSICOFARMACI HANNO UCCISO LA MIA PRIMA MOGLIE, E ORA VOGLIONO UCCIDERMI LA SECONDA

Vi racconto, sempre nel rispetto della privacy e del segreto istruttorio, un’altra giornata di ordinaria follia all’intero di una caserma dell’Arma dei Carabinieri.
Ieri pomeriggio ho ricevuto, mentre mi trovavo in ufficio, una chiamata dei carabinieri addetti all’accoglimento del pubblico in entrata, con la quale mi si chiedeva se fossi disponibile a conferire con una persona che “voleva qualche delucidazione in merito al tentativo di suicidio della propria moglie”.
Data la delicatezza della situazione, ho inteso prendere contatti immediati con il medesimo, facendolo accomodare nel mio ufficio, seppur avessi preliminarmente verificato che altri carabinieri, non appartenenti alla mia stessa unità, erano effettivamente intervenuti in merito ai fatti in trattazione.
Il signore, un italiano di circa 70 anni, comincia quindi a raccontarmi nel dettaglio la sua situazione.
Egli precisa che la propria moglie, medico con specializzazione in ginecologia, aveva giorni addietro tentato il suicidio attraverso l’ingestione di numerose compresse di antipsicotici e di tranquillanti, e che fosse per questo stata trasportata presso un nosocomio del milanese.
Aggiunge che, alla base di tale gesto, vi era quasi sicuramente la tesissima situazione in corso relativa alla di lui decisione di formalizzare un atto di separazione.
Più il signore parla, e più io capisco che c’è una gran puzza di psicofarmaci più che di reali problemi personali: milioni di persone si separano ogni anno, ammazzarsi è un’altra cosa.
Gli chiedo quindi come sua moglie fosse entrata in possesso di farmaci così potenti, e lo stesso mi risponde che, essendo medico, se li era praticamente “autoprescritti”.
La narrazione della storia va avanti, e aggiunge che dopo essere stata trasportata al pronto soccorso di un nosocomio del milanese, viene dimessa con la seguente terapia: 
1) Cipralex, principio attivo “escitalopram”, antidepressivo della categoria SSRI, commercializzato anche con il nome di “Entact”;
2) En, quale benzodiazepina.
Dopo pochi giorni di terapia, entrambi vanno a dormire.
Il signore viene svegliato da dei rumori in cucina, e interviene giusto in tempo mentre la moglie si sta legando un cappio al collo (fatto con la cintura dell’accappatoio), per suicidarsi.
Qualunque richiesta di spiegazioni è inutile: la signora scoppia a piangere e non sa perché si stava impiccando.
Continuando nella conversazione, scopro che anche la sua prima moglie, dopo tre anni di terapie per “curare” una depressione che non passava, si è uccisa, nel 2007, impiccandosi in casa.
Queste ora le mie considerazioni personali.
Nessuno nega che problemi reali possano assestare duri colpi al nostro corpo e conseguentemente alla nostra psiche.
E nessuno nega che moltissime persone ogni giorni si ammazzino a causa e in conseguenza di problemi veri e reali.
Non si può però negare ormai l’epidemia di suicidi, omicidi, omicidi/suicidi e vari atti di natura violenta direttamente collegabili all’uso di psicofarmaci, e soprattutto degli antidepressivi delle categorie SSRI e SNRI (rispettivamente, selettori della ricaptazione della serotonina e selettori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina).
Nel caso in questione, un essere umano già fragile, si autoprescrive dei potenti antipsicotici, che portano verosimilmente a simulare un suicidio, per attirare attenzione.
Non vedo, in questo caso, una vera spinta suicida, ma più un gesto dimostrativo.
È la successiva terapia con antidepressivi che deve fare paura, e molta.
Entrambi vanno a letto, e lei si alza con il chiaro intento di impiccarsi (tipico suicidio indotto da antidepressivi SSRI e SNRI): non si può essere salvati quando si ha un cappio al collo, mentre l’overdose di farmaci è spesso tamponabile.
Ho passato più di un’ora a parlare con un essere umano sconvolto, a cui gli psichiatri non avevano dedicato neppur un minuto in più del proprio tempo per spiegargli quanto è anche obbligatoriamente scritto nel bugiardino dell’antidepressivo prescritto alla moglie, e cioè che tali farmaci aumentano il rischio di ideazioni suicidiarie.
Tale avvertenza è stata inserita proprio a seguito della carneficina che continua ad avvenire ogni giorno.
Persone depresse, che possono essere tranquillamente aiutate attraverso il binomio cibi puliti-pensieri puliti, e quindi attraverso un’impeccabile alimentazione vegana, il più crudista possibile, e un’infinita dose di amore e pazienza, vengono sottoposte con disarmante faciloneria a terapie che, nel migliore dei casi, daranno loro un finto benessere, un pompaggio forzato dell’umore che non durerà per sempre, e che farà vedere il suo lato oscuro nel momento della dismissione dei farmaci.
E, nel peggiore dei casi, e oltretutto non così raro come si possa pensare, trasformano il malcapitato di turno in assassino di se stesso e/o degli altri.
Attraverso il motore di ricerca del blog, si digiti: “psicofarmaci e suicidio per impiccagione”, per leggere tutti gli articoli a riguardo.
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Psicofarmaci, volete portargli via anche la seconda moglie?
 
 

DISMISSIONE DA ANTIDEPRESSIVI E SCOSSE PER TUTTO IL CORPO

Sicuramente il vostro solerte psichiatra, prima di mettervi facilonamente sotto terapia antidepressiva, vi avrà informato dei terrificanti effetti di dismissione che colpiscono la maggior parte delle persone che decidono, prima o poi, di interrompere la propria “cura farmacologica”.
Io penso che sicuramente non lo avrà fatto, anche perchè la tendenza della moderna psichiatria è di tenere le persone inchiodate ai farmaci praticamente a vita.
Oggi voglio soffermarmi su di un preciso sintomo di dismissione, che avviene soprattutto in conseguenza dell’uso degli antidepressivi delle categorie SSRI e SNRI (rispettivamente selettori della ricaptazione della serotonina e della serotonina-noradrenalina).
Le scosse elettriche.
Sì, prozac et company (seroxat, zoloft, effexor, cymbalta, citalopram, escitalopram etc…) vi possono tramutare, in fase di dismissione, in un’anguilla che al posto di dare una scossa agli altri predatori, la da a se stessa.
Viene da ridere? Assolutamente no.
Moltissime persone in fase di dismissione riportano infatti di passare mesi a sentire delle vere e proprie scosse elettriche, che partono dalla testa e arrivano fino ai piedi.
Scosse elettriche dolorose, che non permettono loro di riposare o di rilassarsi.
Avete idea di che cosa sia questo inferno? Avete idea di che cosa significhi andare avanti a sentire scosse per mesi, senza contare gli altri effetti di dismissione?
Nessuna pastiglia al mondo risolverà i vostri problemi, siano essi di natura organica che psicologica, che entrambe.
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TI DEPRIMI PERCHE’ TUO FIGLIO È PSICOTICO? TRANQUILLA, TI IMBOTTISCO DI EFFEXOR

Per comprendere la vicenda nella sua interezza, vi rimando prima al mio articolo

INVEGA, ABILIFY, ANSIOLIN E DALMADORM: COME SUCCHIO VIA LA VITA DI UN RAGAZZO DI 27 ANNI

Ieri ho ricevuto la telefonata della signora, la quale, dopo avermi aggiornato sulle condizioni del figlio, mi ha chiesto un ulteriore parere a titolo personale.

In quel frangente, mi ha confidato ciò che già sospettavo fin dalla prima telefonata (dopo aver sentito la sua voce), e cioè che anch’ella fosse sotto terapia psichiatrica.

La stessa mi ha riferito che, dopo il primo episodio psicotico del figlio, poiché aveva (giustamente, dico io) iniziato a far fatica a dormire, lo stesso psichiatra che lo ha tuttora in cura le ha consigliato di assumere (come da lei poi fatto) 75 prima e 150 mg poi dell’antidepressivo Effexor, assieme all’immancabile pastiglia di Xanax.

La signora ha detto di non sentirsi bene con questi farmaci, e di volerli quindi dismettere al più presto.

Partono ora della considerazioni personali.

Ma ci rendiamo conto della bassezza morale e professionale che alcuni psichiatri riescono a raggiungere?

Ma questo dottore si rende conto di non essere allo zoo, e che quindi i suoi pazienti non sono degli elefanti, e gli psicofarmaci di conseguenza non sono noccioline da distribuire gioiosamente a piene mani?

Dove vuole arrivare, a psicomedicalizzare tutta la famiglia, cane compreso, con il Prozac veterinario, che esiste ed è utilizzato da tantissimi cani in tutti gli Stati Uniti, per la gioia dei loro lobotomizzati padroni, che, tornando a casa, troveranno il loro Fuffy nella stessa identica posizione dove lo avevano lasciato?

I cani sotto psicofarmaci mordono, le persone uccidono.

Siamo all’anticamera dell’Inferno.

 

 

LA PSICHIATRIA CON IL CUORE: QUESTO È’ CIO’ CHE VOGLIAMO

Anonimo ha lasciato un nuovo commento sul tuo post “SONO UN ‘MALATO PSICHIATRICO’: HO PAURA DELLE DIVISE E DEGLI OSPEDALI“:

Non conosco se non sommariamente l’alimentazione vegana… ma so per certo che quello che lei scrive è assolutamente vero. Quando eseguivo in qualità di medico convalidante TSO mi sono capitati elementi della polizia locale che certo non volevano “perdere” del tempo, anzi… erano già pronti con le manette… quante storie tragiche ho visto… quando entravo nella casa e il poveretto mangiava la sua minestra… oppure quando spaventato si nascondeva sotto il letto… ed io ci finivo pure sotto il letto per evitare manette…oppure quando NON convalidavo… si arrabbiavano le forze dell’ordine e la lettiga… ma se il poveretto la mattina aveva fatto la sua puntura depot, non c’erano piu’ i presupposti legali di un TSO (bacino S.Paolo)…..
Gli psichiatria hanno molta PAURA dei pazienti ed è per questo che li sedano…come fossero fiere impazzite.
Io stessa ho provato questo tipo di paura, ma grazie al mio analista sono scesa a patti.. e quando entravo nella stanza della paziente che spaventava io le dicevo “senta.. io ho paura di lei… ma se io ho paura e lei anche… non risolviamo niente”
E’ nata una bella relazione di affetto e di cura… forse per entrambe….
Un caro saluto al Comandante Bisanti… con tanta stima…
Dr. Calchi

RISPOSTA

Buongiorno dott.ssa Calchi,
e grazie di aver voluto condividere la sua testimonianza.

Non ci conosciamo personalmente, ma non posso non ringraziarla per l’attestazione di stima.

Questo blog sta cercando di diffondere, oltre a un messaggio di amore e rispetto verso l’essere umano per se, anche un nuovissimo approccio nei confronti della malattia in generale, e di quella psichiatrica in particolare.

Dietro ogni mio articolo, ci sono anni di studi personali, senza lauree o master; studi, preciso, che mi hanno portato a capire la totale inutilità dei farmaci in generale (tranne specifici casi di urgenza, così come continuamente evidenziato), e degli psicofarmaci in particolare.

Inutilità per usare un eufemismo naturalmente.

Gli psicofarmaci, quando va bene, uccidono l’anima di chi li prende, fornendo un temporaneo senso di illusorio benessere, per poi mostrare la loro vera faccia, soprattutto durante la dismissione.
Quando va male, trasformano le persone in assassine di se stesse e degli altri: la verità è davanti a tutti, basta volerla vedere.

Anni di studi, dicevo, che mi hanno anche portato ad analizzare in maniera profonda il legame tra alimentazione e manifestazioni psichiatriche.

Se una canna può mandare una persona in psicosi, perché non può farlo un piatto di pasta, se il soggetto non ha alcuna capacità tollerativa nei confronti del glutine?

Se i neurotrasmettitori ce li giochiamo a livello intestinale, perché non è possibile che un’alimentazione che comprenda proteine animali (e che quindi produca putrefazione) non sia la causa di un disturbo depressivo, o persino di tipo schizofrenico?

Siamo quello che mangiamo cara dottoressa, e sono convinto che l’unico approccio nei confronti di una persona che manifesti distrurbi di tipo psichiatrico sia il binomio pensieri puliti – cibi puliti.

SONO UN “MALATO PSICHIATRICO”: HO PAURA DELLE DIVISE E DEGLI OSPEDALI

Oggi riflettevo su una circostanza, e cioè sul fatto che tutti i malati psichiatrici che ho incontrato nella mia ventennale carriera abbiano in comune un terrore smisurato sia verso i medici e il personale ospedaliero in generale che verso le forze dell’ordine.

Perché accade questo?

Tutto ciò è la semplice, ed è la diretta conseguenza della totale impreparazione che personale sanitario e forze di polizia hanno nell’affrontare persone che manifestino un disagio psichico.

Qualunque operatore di polizia dovrebbe essere in grado di fare anzitutto un primo grande passo, e cioè rendersi conto di avere davanti a sé un essere umano come lui, con emozioni, con un passato, con un presente e con un futuro, e non “lo scemo del paese”, o “un matto da ospedalizzare”.

Con il dialogo, la pazienza e l’amore sono riuscito a evitare a tantissimi malati psichiatrici ulteriori ricoveri inutili, poiché ascoltare un essere umano in piena crisi vale un milione di volte di più che siringarlo con un farmaco depot (quelli intramuscolari a lento rilascio).

Qualunque operatore di polizia dovrebbe quindi usare il cuore, sapendo che nella stessa situazione potrebbe esserci lui stesso, oppure il proprio figlio.

Invece, la maggior parte dei poliziotti o dei carabinieri lavora come se la persona davanti a loro fosse ormai irrecuperabile, un residuo della società che non avrà mai una vita propria, e che potrà solo entrare e uscire dagli ospedali.

Non posso dimenticare gli sguardi di persone che seppur sotto pesantissime terapie farmacologiche, riescono a mantenere la lucidità tale per dirti, mentre sei in uniforme: “La prego, sig. Carabiniere, la supplico, non mi porti in ospedale”.

E qui viene il ruolo degli ospedali.

Ma gli psichiatri riescono a rendersi conto che se un malato psichiatrico ha il terrore di finire in ospedale, un motivo ci sarà?

Gli psichiatri riescono a rendersi conto dell’inutilità e dell’altissima dannosità delle loro cure, atte solo a stroncare il sintomo?

Gli psichiatri riescono a rendersi conto della paura negli occhi di un altro essere umano, anch’egli cone loro su questa Terra, venuto qui per emozionarsi, incuriosirsi, amare ed essere amato?

Gli psichiatri riescono a rendersi conto dell’enorme valore e potere che un’alimentazione vegana-crudista ha nel polverizzare le cosiddette malattie mentali?

Gli psichiatri riescono a rendersi conto che le manifestazioni psichiatriche hanno in moltissimi casi una base organica non adeguatamente investigata?

Se non siamo mossi a pietà dagli occhi paurosi di un altro essere umano, impotente di fronte a noi, allora non valiamo niente, proprio niente.

INVEGA, ABILIFY, ANSIOLIN E DALMADORM: COME SUCCHIO VIA LA VITA DI UN RAGAZZO DI 27 ANNI

LETTERA

Buongiorno,
Mi chiamo M, sono una madre preoccupata dagli psicofarmaci che sta assumendo mio figlio per un episodio psicotico, così è stato definito dallo psichiatra che ha in cura mio figlio il malessere riscontrato.
Mio figlio ora ha 27 anni (nato *****) è stato sempre stato un ragazzo solare, con tanti amici, ha avuto un’infanzia che si può definire normale, divertimenti senza esagerazioni, qualche piccola marachella ecc.
A scuola è sempre andata bene, si è laureato in ingegneria edile con master a Sheffield e tesi in inglese il ******* (ancora non aveva compiuto 25 anni) con il voto 108/110.
Una volta laureato si è avventurato nel mondo del lavoro, dove Lui sperava di trovare un posto all’estero dove aveva mandato il curriculum ed era stato contattato per più volte, però il tutto si è chiuso senza il lieto fine. Nel frattempo ha lavorato su uffici che, a suo dire, si sono rivelati poco seri. Il primo lavoro subito dopo la laurea era un ufficio dove lavoravano in C/lavoro, ha lavorato circa 8 mesi in questo posto dopo poco tempo si sentiva osservato (spiato – controllato), cosichè lusingato da un professore universitario ha cambiato ufficio, anche quà dopo poco tempo ha cominciato a manifestare qualche disagio anche perchè c’era poco lavoro si trovava spesso senza fare niente e si chiedeva come mai l’avessero assunto, i disagi da Lui raccontati erano che si sentiva osservato, spiato, controllato….
Diceva che il giorno dopo in modo blando, il collega e il titolare secondo Lui affiatati, parlavano di quel che Lui diceva di sera in cucina, oppure diceva che controllano la sua e Ns. casella di posta elettronica delle quali continuava a cambiare password ecc…..
Dopo un anno esausto della situazione si è licenziato. Col passare dei giorni dopo un mese ha iniziate a fare discorsi strani (che prima non aveva mai fatto) diceva che noi genitori non siamo contenti di Lui, che Lui ha fatto il possibile per essere sempre presente però doveva studiare e non è riuscito ad esserci in certi momenti, e altri discorsi strani, arrivando perfino a chiedermi se era vero ***************, cosa che assieme ad altre mi ha fatto pensare che qualcosa non andava. Preciso che noi genitori ne fratelli nessuno si è mai lamentato di niente, era tutta sua immaginazione.
Aveva iniziato a non dormire la notte (non dormiva da circa una settimana) non sapevo cosa fare, ne ho parlato con il mio medico che mi ha consigliato di farlo andare la, siccome mio figlio ha cominciato a dire di aver mal di stomaco gli ho detto che sarebbe stato opportuno andare dal medico per chiedere consiglio.
Mio figlio ha accettato, mi ha detto che andava dal medico e invece si è recato in pronto soccorso con una scatola di Bentelan vuota trovata a casa (farmaco che usava mio marito per il mal di schiena) dicendo ai sanitari del Pronto Soccorso che Lui aveva mal di stomaco perchè aveva preso quelle pastiglie, in realtà Lui era convinto che il suo malessere dipendesse dal fatto che io avevo messo qualcosa nel piatto da mangiare… Dopo colloquio con uno psichiatra è stato ricoverato in psichiatria, dove è rimasto per tre settimane.
Gli è stato subito somministrato Invega 6mg. per dopo passare a 9mq., ansiolin 20gg.X3 e Dalmadorm da 6mq. una la sera per dormire la notte, i secondi farmaci che sono andati a finire gradatamente.
La situazione è subito migliorata, non aveva più malessere di prima, dormiva la notte, si è subito reso conto che ciò che diceva su di noi genitori e fratelli era tutto frutto di un suo film mentale…
Oggi sono passati otto mesi dal ricovero avvenuto in data ********, assume ancora invega 9mg. e in aggiunta Abilify 10 mg. per uno stato di apatia in cui è sprofondato.
La situazione odierna: persiste apatia, lentezza nei movimenti, impacciato nello svolgere qualsiasi cosa,
Ho chiesto allo psichiatra di provare ad aiutarlo con prodotti di erboristeria – fiori di bach – o altro il quale mi ha altamente sconsigliato di farlo perchè oltre a non risolvere il problema contrastano con i loro farmaci, io sono convinta che mio figlio possa trovare dei giovamenti con i fiori di bach  vorrei provare ma ho paura di sbagliare dovrei seguire una strada dove non sono competente, vorrei tanto trovare una persona che mi possa consigliare.

Ho riassunto il tutto abbastanza sinteticamente, spero di essere stata abbastanza chiara, attendo se possibile una sua risposta.

Ringrazio cordialmente e porgo Distinti Saluti






F.to M.









RISPOSTA

Buongiorno sig.ra M,
ho oscurato i suoi dati sensibili, in assenza di una sua specifica autorizzazione.

Ho deciso comunque di condividere nel blog questa ennesima esperienza relativa al disastro e al fallimento totale della moderna psichiatria, in modo tale che chiunque possa portare avanti delle scelte personali e consapevoli, senza delegare a nessuno le tematiche relative alla propria salute.

Ho anche inteso non correggere i normali errori grammaticali, in modo tale da lasciare intatta la genuinità del suo messaggio.

Premetto come sempre che non sono un dottore, non curo nessuno, non faccio diagnosi, non prescrivo nulla e ben me ne guardo dal farlo.

Credo fermamente nel potere di autoguarigione del corpo umano, allorquando gliene venga data la possibilità, e della estrema dannosità dei farmaci in genere, e degli psicofarmaci in particolare.

Veniamo a noi.

Per i lettori, aggiungo che con la signora ci siamo telefonicamente sentiti nella giornata di ieri.

Antipsicotici, i classici farmaci zombizzanti.

Invega, principio attivo paliperidone, antipsicotico detto “atipico”.
Abilify, principio attivo aripiprazolo, antipsicotico utilizzato per “cura” della schizofrenia e del disturbo bipolare tipo I.

Gli altri farmaci, della classe delle benzodiazepine/ipnotici sono già stati fortunatamente scalati.

Tutto parte da un episodio psicotico conseguente all’assunzione di cannabis, e riguardo alla pericolosità degli odierni stupefacenti, vi rinvio al mio articolo http://pietrobisanti.blogspot.it/2013/04/psicosi-da-cannabis-e-giu-di.html e al mio ulteriore articolo http://pietrobisanti.blogspot.it/2013/08/psicosi-da-cannabis-risperdal-lorazepam.html

Che succede poi? Il ragazzo continua ad avere i classici sintomi psicotici di paranoia, e al posto di essere capito, ascoltato, supportato, amato, rispettato, scandagliando le cause che hanno portato al disturbo (in 30 secondi di telefonata ho scoperto che la “miccia” era proprio l’uso di cannabis, cosa che gli psichiatri che hanno in cura il ragazzo non si sono nemmeno degnati di provare a scoprire), ecco che viene immediatamente bombardato.

E dopo il solito iniziale miglioramento, la persona si “spegne”, venendo tramutata in uno zombie che cammina, senza contare tutti i problemi di natura organica (come il diabete) che sorgeranno in seguito.

E senza contare la vita sessuale azzerata.

Questo fanno gli antipsicotici.

E gli psichiatri non hanno perso nemmeno un minuto del loro tempo provando a scandagliare eventuali cause esterne alla base del disturbo psichiatrico in atto.

No, via di pastiglie, oltretutto a rilascio prolungato, come il famigerato Invega.

Cosa si fa ora?

Scalare gli antipsicotici è una sfida epocale, e bisogna crederci, utilizzando tutte le energie e l’amore che si ha verso chi sta male.

Prima cosa: chiudersi a riccio verso il proprio famigliare “malato”

Seconda cosa: scalare in maniera gradualissima, mettendoci anche un anno se serve, e scalando un farmaco per volta

Terza cosa: affidarsi a uno specialista che vi possa in tal senso seguire, data l’enorme difficoltà di farlo da soli (anche se non è assolutamente impossibile)

Quarta cosa: aspettarsi e accogliere le crisi di dismissione, che non sono altro che l’estremo tentativo del corpo di riequilibrare se stesso. Aiutare quindi il proprio famigliare senza mai lasciarlo da solo e senza spaventarsi: passano da sole, ma se andate al Pronto Soccorso vi aspetta una bella dose di farmaci aggiuntivi e una bella ramanzina, stile “Avete visto che vostro figlio è malato”: cornuti e mazziati insomma

Quinta cosa: man mano  che si chiude il rubinetto dei veleni, si apre quello dell’alimentazione vegana, il più crudista possibile.

Vediamo, ancora una volta, i peggiori nemici della nostra psiche:
-Carne, pesce e proteine animali: causano putrefazione al livello del colon, che è il nostro secondo cervello e il luogo dove si producono i neurotrasmettitori celebrali. Intestino in putrefazione=depressione.
-Zuccheri raffinati: in primis il famigerato saccarosio (zucchero bianco) da tavola: favorisce picchi glicemici che possono portare falsa euforia e conseguente stato depressivo; sballa la produzione di testosterone nell’uomo e interferisce con la normale produzione ormonale; sottrae preziose sostanze nutritive al corpo umano, in quanto è un alimento morto che necessita di enzimi per essere digerito.
Nessuno sconto a zucchero di canna grezzo e non in quanto si tratta sempre e comunque di alimenti raffinati, morti e sepolti. 
Non pensate che sia innocuo solo perché lo vendono al supermercato: è una sostanza chimica che di naturale non ha nulla, potente, dannosa e catastrofica per chi ne è particolarmente suscettibile.
Bocciati senza riserve anche tutti gli edulcoranti, capeggiati dall’aspartame.
-Metalli pesanti: mercurio, alluminio. Il peggio del peggio. Occhio alle amalgame dentali, che causano una continua e incessante intossicazione all’organismo. Il mercurio è risaputo per creare stati mentali che possono arrivare alla schizofrenia.
-Bibite gassate: quando ingurgitate una lattina di coca cola non fate altro che bere, assieme ad essa, una quantità di saccarosio impressionante. Lo stesso vale per tutte le altre bibite in lattina.
-Glutine e caseina: i cereali non sono cibo per tutti. Non sono cibo nato per l’Uomo, bensì per i granivori. L’intolleranza al glutine è ormai considerata un’epidemia su scala mondiale, mentre in realtà è la diretta conseguenza della normale reazione del corpo umano all’introduzione di una proteina a esso incompatibile e sconosciuta.
Sono associati al glutine diversi stati mentali: dalla depressione agli stati immotivati di rabbia, fino alla psicosi.
La caseina, veleno pari alle proteine animali, ha in più il difetto di essere un grande allergene e di incollarsi ai villi intestinali e di non permettere quindi la normale assimilazione dei cibi.
La rimozione del glutine e della caseina in bambini con autismo sta dando risultati impressionanti.
-Vaccinazione: i vaccini sono forse il peggior insulto che può essere fatto a un essere umano. Metalli pesanti, DNA umani e animali. Un insieme di porcherie di cui non vale nemmeno la pena ribadire la tossicità.
-Farmaci: moltissimi farmaci agiscono sui recettori nervosi pur non essendo definiti “psicofarmaci”: dagli antistaminici alla pillola per la pressione; dal farmaco contro la tosse a quello per il mal di testa.
-Denti devitalizzati: un dente devitalizzato è un’appendice morta tenuta attaccata al corpo con la forza. È come se volessero tenervi attaccato un dito putrefatto. La proliferazione incontrollata di tipo batterico, dovuta al marciume presente in una zona così delicata come quella del viso-cranio, può drenare le capacità di reazione del sistema immunitario portando stati depressivi anche gravi.
-caffè, sigarette, alcolici, sostanze stupefacenti. 
La cannabis, in pratica, fa da “miccia” all’esplosione di un disturbo, magari già “latente”, nel senso che ci si trova davanti a un corpo, e quindi una mente, deboli e già sofferenti per  uno stile di vita alimentare e spirituale errato.
Cibi puliti – pensieri puliti: l’unico binomio vincente.

MEGLIO LA COCAINA CHE LA PAROXETINA: PRIMA STAVO MALE, MA ORA MI VOGLIO AMMAZZARE

Dopo tre giorni di tranquillità a Madonna di Campiglio, tra le montagne del Trentino, sono di nuovo qui.
Qui a portare avanti un’opera di informazione, dove ognuno può recepire quello che vuole, elaborarlo, e decidere per se stesso, prendendo in mano la propria vita senza delegarla a nessun’altro.
Vi racconto un altro giorno di ordinaria follia all’interno di una caserma dell’Arma dei Carabinieri, con rispetto della privacy e del segreto istruttorio (che in questo caso non esiste, trattandosi di violazioni di natura amministrativa).
Un ragazzo di circa 25 anni, diverse settimane addietro, è stato fermato nell’atto di consumare della  polvere bianca per uso personale.
Come Legge vuole, gli agenti accertatori hanno provveduto a verbalizzare la violazione punita e prevista ex art. 75 DPR 309/90, e conseguentamente a sequestrare la presunta sostanza stupefacente utilizzata.
Qui arrivo io, avendo tra le altre cose il compito di seguire tali vicende.
Ho quindi telefonicamente contattato l’interessato, per notificargli l’esito delle analisi, che hanno confermato si trattasse di cocaina.
Non appena lo incontro, all’ingresso della mia caserma, incrocio immediatamente il suo sguardo, capendo al volo di trovarmi davanti a una persona sotto antidepressivi.
Lo “sguardo da psicofarmaco”, termine da me coniato, è molto differente da quello del tossicodipendente da strada.
Soprattutto lo sguardo da antidepressivo: l’occhio è vuoto, lucido, fisso, ma di una vuotaggine che l’occhio esperto coglie all’istante.
Gli antidepressivi: veri ladri dell’anima.
Lo accolgo come sempre con educazione e rispetto: sono un Maresciallo dell’Arma dei Carabinieri, e il mio compito è servire i miei concittadini, e non giudicarli.
Parto diretto, senza remore: “Che antidepressivo prende, perché la vedo molto sofferente”?
Assolutamente sorpreso, mi risponde: “La paroxetina, ma come fa a saperlo?”
“Lo so, glielo leggo in faccia. Come si sente?”
“Malissimo. Sono sempre stanco, non lucido. Non sono io. E molto spesso ho pensieri intrusivi di morte. Mi viene voglia di ammazzarmi e non so perché”.
Mi spiega infine che nemmeno quando sniffava cocaina gli fosse mai passato per la testa di farsi del male.
Questi sono gli psicofarmaci.

TUTTI I CONTENUTI DEL BLOG POSSONO ESSERE CONDIVISI

LETTERA

Salve, posso condividere l’articolo e pubblicizzare il tuo libro? Sul blog http://fintatolleranza.blogspot.it/

tratto molti temi ma soprattutto mi occupo di disinformazione, ovvero di quella fetta di realtà che viene narrata ai più tramite i potenti ed efficaci media e trasformata per adattarla ai prossimi sviluppi già programmati da quell’…. non dico niente, a ognuno la propria conclusione su chi guida la vita delle masse. Non certo chi ci viene fatto credere
Ovviamente metto la fonte se metto l’articolo 🙂

PS: Mi piace il tuo blog e lo seguo sempre perchè essendo persona che ha avuto a che fare, con le medicine e con le sostanze, non posso che confermare quanto siano devastanti i cosiddetti psicofarmaci, uso il termine cosiddetti perché in realtà sono molto, ma molto peggio delle cosiddette droghe. Poi si dovrebbe fare distinzione perché mettere sullo stesso piano cannabis\\cocaina\\eroina\\ketamina\\lsd … si fa solo confusione in menti già confuse di suo! Fossimo nati un secolo fa il termine droga nemmeno esisteva in Italia, è un prodotto moderno! Pensiamo a Freud ….
In ogni modo farmaci e droghe (in inglese drug appunto) sono probabilmente sempre gli stessi principi attivi che vengono sintetizzati nei laboratori e poi da un canale venduti con l’etichetta e dall’altro spacciati in strada. Entrambi generano enormi profitti. Tutto questo in un’epoca in cui la cannabis viene ancora bandita. L’automobile che genera quattromila morti all’anno, solo in Italia, invece viene considerata cosa necessaria alla vita. Esempio della nostra razionalità. O della nostra follia?
Alla faccia della civiltà … termine più lontano dalla descrizione dei nostri agglomerati non potevano utilizzare, o forse l’han fatto proprio di proposito? Porsi sempre questo dubbio che ti svelerà molti retroscena. Sul mio blog, nella colonna a dx a circa metà pagina troverai la raccolta dei miei migliori articoli e della mia filosofia di vita. Che applico e non solo sostengo a parole.
Va bene, fine del mio delirio, se posso pubblicare ne sarei molto lieto. Chiedo perché ho visto in fondo i diritti riservati, cosa a cui non credo ma che rispetto. Io la penso in questo modo: Tutto ciò che scriviamo non ci appartiene, perché appartiene già all’Universo e non c’è NESSUNO che se ne può attribuire la paternità. Il mondo è vario però e tutte le idee andrebbero rispettate.
 

Dioniso777

RISPOSTA

Carissimo Dionisio,
felice di risentirti.

Grazie per i complimenti, sono per me lo sprono ad andare avanti sempre più convinto di quello che sto facendo.

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LO SPORT PREFERITO DEGLI PSICHIATRI: CAMBIARE MOLECOLA

L’emblema più evidente del fallimento totale della psichiatria moderna consiste nella pratica ormai affermatasi di cambiare molecola allorquando un determinato psicofarmaco o smetta di funzionare, o non faccia più l’effetto che ci si aspetta, o cominci a fare più male che bene.

Non sono un medico, non curo nessuno, non prescrivo nulla, non faccio diagnosi e ben me ne guardo dal farlo.
Eppure, anche un cieco si accorgerebbe di quanto sia folle la pratica di sostituire un farmaco ad un altro, allorquando in primis non si è mai andati alla base del problema, e in secundis non si conosce nemmeno il meccanismo di funzionamento degli stessi farmaci che si vanno a prescrivere.

Molecola dopo molecola si trascina il malcapitato di turno in un baratro da cui non riesce ad uscire.
Miscuglio dopo miscuglio, la delicata biochimica cerebrale non riesce più a trovare uno stato di omeostasi, di quiete, e un minimo di stabilità umorale diventa una chimera.

La prima somministrazione del primo psicofarmaco comincia con le solite, false rassicurazioni: “Fra tre settimane starà meglio, gli effetti collaterali saranno minimi, è ben tollerato, e quando starà bene lo scaleremo senza problemi, in quanto non da assuefazione”.

Balle, balle, balle ciclopiche.

Uno psichiatra, se dovesse dire la verità, direbbe: “Signore/a, non ho alcuna voglia né tempo di arrivare alle cause della sua depressione, e forse non me ne frega niente. Prenda questo farmaco,  così fra due-tre settimane, se non si impicca, le viene un sorriso da ebete e smetterà di rompere le palle ai suoi familiari e alla società. Quando smetterà di funzionare, le rifilerò un’altra molecola, e magari faremo un bel cocktail. Io le dico che li potrà dismettere, ma in realtà non li dismetterà mai, anche perché la dismissione può essere infernale. Ah dimenticavo, sono cento euro. E non si azzardi a disturbarmi mentre sono in vacanza”.

Non sono tutti così, e non sono qui per generalizzare.

Ma una risposta di uno psichiatra serio dovrebbe essere: “Signore/a, gli psicofarmaci non servono a nulla, se non a mascherare, quando va bene, la sua situazione. Prima di tutto le farò uno screening organico totale per vedere se alla base del suo disturbo possano esserci problematiche come il diabete, l’ipo-ipertiroidismo, l’intossicazione da metalli pesanti, l’intolleranza al glutine. Inoltre, la conditio sine qua non, è che lei stravolga le sue abitudini alimentari, intraprendendo un’alimentazione vegana il più crudista possibile. Se insisterà per prendere i farmaci, sappia che quando li dismetterà affronterà un bell’impegno, a volte infernale. E sappia inoltre che molti psicofarmaci sono alla base di atti di natura violenta contro se stessi e gli altri, come la FDA americana ha obbligato a precisare nei bugiardini, che le consiglio di leggere. Inoltre, dica addio durante la terapia alla sua vita sessuale, e sia pronta a ingrassare o dimagrire notevolmente. Può pagarmi in base al suo reddito e alle sue possibilità. E il mio cellulare è sempre acceso, anche mentre nuoto al mare”.

La cura della salute dell’uomo, soprattutto quella mentale, è una missione. Se lo si fa per denaro, ci si trovi un altro lavoro.

PSICHIATRIA E PSICOFARMACI: UN’ETICHETTA INDELEBILE

Anonimo ha lasciato un nuovo commento sul tuo post “DISMISSIONE DA ZOLOFT: UNA TELEFONATA DISPERATA E AGGHIACCIANTE MENTRE LO PSICHIATRA IN VACANZA SE NE FREGA“:

psicofarmaci …se li prendi una volta sei segnato a vita..se per caso ti seguono poi da un centro di salute mentale e’ FATTA !!…non potrai piu’ essere te stesso..come ti vede il medico “diverso”..sarai per forza peggiorato..se sei felice diranno “EUFORICO” se sei triste diranno “DEPRESSO”..se magari spendi un po’ piu’ di soldi “MANIACALE”,,se stai in casa “ASOCIALE”…se ti incavoli “ANTISOCIALE”non sarai piu’ libero di essere te stesso di avere emozioni diverse in base alle giornate per loro devi essere sempre UGUALE STABILE !!!..se ti lamenti del loro SERVIZIO ti minacceranno di TSO..ti daranno cure piu’ forti..magari ti aumentano la puntura depot senza che tu lo sappia come spesso succede ti dicono e’ la solita dose e invece ti punturano col doppio dosaggio..!!!…

Non devi lamentarti mai del centro di salute..o sei RICHIESTIVO..non devi mai contraddire le cure che fai o saraì definito “POLEMICO REATTIVO AGGRESSIVO”….se la cura non ti piace e dici che la vuoi smettere diranno ” NON ADERISCE AL PROGETTO TERAPEUTICO”…colpevolizzandoti davanti ai tuoi familiari..e parenti…

sarai sempre COLPEVOLE se non fai come dice lo psichiatra !!
sarai sempre ricattabile se non fai come dice lo psichiatra !!

d’ora in poi se ti sente una gamba , se ti sei rotto una clavicola o ti sente un dente…o hai il mal di testa e vai al pronto soccorso hai piu’ probabilita’ di essere visto da uno psichiatra o di finire in psichiatria..anche se hai una patologia differente sarai sempre un PAZIENTE PSICHIATRICO..e se vai in ospedale di certo hai solo un problema PSICHIATRICO e BASTA..

i centri di salute mentale vogliono guidare la tua vita ..se hai una fidanzata forse non va bene per te…daranno ascolto ai tuoi parenti prima che a te..perche’ tu oramai sei il MATTO..si perche’ tu hai accettato per una volta solo la loro CURA e non puoi piu’ FUGGIRE DA LORO..sei nel registro !!!!!

MAD MAN

RISPOSTA

Buongiorno Mad Man,
mai descrizione fu più azzeccata riguardo al marchio a fuoco indelebile che la moderna psichiatria imprime sui malcapitati che passano sotto le sue grinfie.

Sgretoleremo a uno a uno paroloni altisonanti inutili, etichette e marchi, ma per questo ho bisogno dell’aiuto di chiunque possa: attuali ed ex-malati psichiatrici (le vostre testimonianze); parenti di persone che si sono suicidate sotto farmaci (le vostre testimonianze); avvocati e professionisti del settore (per la vostra collaborazione); giornalisti (che vogliano con libertà di pensiero approfondire questo argomento); psichiatri (dottori che ancora credono nel giuramento di Ippocrate e nell’amore e che non considerino i farmaci come l’unico mezzo di cura); persone “comuni” (chiunque sia pronto a portare, anche telefonicamente, una parola di conforto a chi non sta bene, nel momento di crisi).

Questa è la rete di mutuo aiuto a 360 gradi che mi piacerebbe creare.

Chiunque voglia parteciparvi, è il benvenuto.

progetto salvadanaio

Un aiuto concreto alle persone in difficoltà

Per informazioni vai alla pagina SALVADANAIO