LO SPORT PREFERITO DEGLI PSICHIATRI: CAMBIARE MOLECOLA

L’emblema più evidente del fallimento totale della psichiatria moderna consiste nella pratica ormai affermatasi di cambiare molecola allorquando un determinato psicofarmaco o smetta di funzionare, o non faccia più l’effetto che ci si aspetta, o cominci a fare più male che bene.

Non sono un medico, non curo nessuno, non prescrivo nulla, non faccio diagnosi e ben me ne guardo dal farlo.
Eppure, anche un cieco si accorgerebbe di quanto sia folle la pratica di sostituire un farmaco ad un altro, allorquando in primis non si è mai andati alla base del problema, e in secundis non si conosce nemmeno il meccanismo di funzionamento degli stessi farmaci che si vanno a prescrivere.

Molecola dopo molecola si trascina il malcapitato di turno in un baratro da cui non riesce ad uscire.
Miscuglio dopo miscuglio, la delicata biochimica cerebrale non riesce più a trovare uno stato di omeostasi, di quiete, e un minimo di stabilità umorale diventa una chimera.

La prima somministrazione del primo psicofarmaco comincia con le solite, false rassicurazioni: “Fra tre settimane starà meglio, gli effetti collaterali saranno minimi, è ben tollerato, e quando starà bene lo scaleremo senza problemi, in quanto non da assuefazione”.

Balle, balle, balle ciclopiche.

Uno psichiatra, se dovesse dire la verità, direbbe: “Signore/a, non ho alcuna voglia né tempo di arrivare alle cause della sua depressione, e forse non me ne frega niente. Prenda questo farmaco,  così fra due-tre settimane, se non si impicca, le viene un sorriso da ebete e smetterà di rompere le palle ai suoi familiari e alla società. Quando smetterà di funzionare, le rifilerò un’altra molecola, e magari faremo un bel cocktail. Io le dico che li potrà dismettere, ma in realtà non li dismetterà mai, anche perché la dismissione può essere infernale. Ah dimenticavo, sono cento euro. E non si azzardi a disturbarmi mentre sono in vacanza”.

Non sono tutti così, e non sono qui per generalizzare.

Ma una risposta di uno psichiatra serio dovrebbe essere: “Signore/a, gli psicofarmaci non servono a nulla, se non a mascherare, quando va bene, la sua situazione. Prima di tutto le farò uno screening organico totale per vedere se alla base del suo disturbo possano esserci problematiche come il diabete, l’ipo-ipertiroidismo, l’intossicazione da metalli pesanti, l’intolleranza al glutine. Inoltre, la conditio sine qua non, è che lei stravolga le sue abitudini alimentari, intraprendendo un’alimentazione vegana il più crudista possibile. Se insisterà per prendere i farmaci, sappia che quando li dismetterà affronterà un bell’impegno, a volte infernale. E sappia inoltre che molti psicofarmaci sono alla base di atti di natura violenta contro se stessi e gli altri, come la FDA americana ha obbligato a precisare nei bugiardini, che le consiglio di leggere. Inoltre, dica addio durante la terapia alla sua vita sessuale, e sia pronta a ingrassare o dimagrire notevolmente. Può pagarmi in base al suo reddito e alle sue possibilità. E il mio cellulare è sempre acceso, anche mentre nuoto al mare”.

La cura della salute dell’uomo, soprattutto quella mentale, è una missione. Se lo si fa per denaro, ci si trovi un altro lavoro.