SUICIDA NEL LAGO CON IL FIGLIO DI QUATTRO ANNI: LA MERDA RIMANE MERDA, ANCHE A “DOSI TERAPEUTICHE”
DAL MESSAGGEROVENETO.IT
Tragedia al lago della Burida a Pordenone, s’inabissa col figlioletto
Una donna, Cristina Furlan di 36 anni, e il figlio, Federico Piva di 4 anni, sono stati trovati privi di vita all’interno dell’abitacolo. La famiglia è di Porcia, s’indaga per omicidio-suicidio
di Ilaria Purassanta
PORDENONE. Sono morti insieme, l’uno accanto all’altra, prigionieri dell’auto inabissata nel lago della Burida. Madre e figlio. Il piccolo, Federico Piva, 4 anni, intrappolato nel seggiolino. Lei, Cristina Furlan, 36 anni, di Porcia, lo ha raggiunto sul sedile posteriore.
Mamma e figlioletto morti nell’auto caduto in un lago
Un’auto, condotta da una donna di 36 anni, Cristina Furlan, e con a bordo il figlioletto Federico Piva, 4 anni, è finita nel lago della Burida a Pordenone. Entrambi sono deceduti. La vettura è rapidamente sprofondata e si è adagiata sul fondo a circa due metri e mezzo di profondità (video Missinato)
In uno slancio disperato, la mamma forse ha cercato di slacciare le cinture di sicurezza al suo bimbo e di metterlo in salvo, mentre l’acqua scura e limacciosa invadeva l’abitacolo, dal finestrino del guidatore abbassato. Cristina avrebbe avuto una via di fuga facile, a portata di mano, per riaffiorare in superficie. Ma il suo cuore di mamma ha fatto un’altra scelta.
Madre e figlioletto morti nell’auto finita nel lago della Burida
Il padre Luigi Furlan stava aspettando lei e il nipotino, nella casa sul lago, sulla sponda opposta, in cui è cresciuta con i due fratelli Devis e Sabrina. Un’infanzia dai ricordi felici. Avevano fatto colazione insieme, a Porcia, a casa di lei, tutti e tre, nonno, figlia e nipotino, mentre il marito di Cristina, Loris Piva era uscito di casa prima delle 8 per andare al lavoro. Federico aveva la febbre, non sarebbe andato in asilo. «Vai avanti tu, io ti raggiungo», ha detto Cristina a suo padre. Erano le 10.15.
L’allarme è scattato poco dopo le 10.40 quando na 75enne del posto ha notato con stupore la Volkswagen touran grigia scendere a bassa velocità lungo la stradina erbosa che costeggia il lago e piombare nello specchio d’acqua.
La prima era inserita. Mentre affondava, l’auto si è capovolta. Superato lo choc, l’anziana ha avvicinato subito un residente, Ferruccio Barel, che abita proprio di fronte al lago. L’uomo, con un passato di sub, ha telefonato al 113 e poi si è tuffato. Sulla superficie dell’acqua affioravano ancora le bolle dell’ossigeno provenienti dall’abitacolo sprofondato, con le ruote all’aria.
L’intervento dei sommozzatori nel lago della Burida
L’opera dei sommozzatori dei vigili del fuoco nel lago della Burida, a Pordenone, dove sono morti una donna e il figlioletto, caduti nelle acque a bordo di un’auto (video Missinato)
Barel ha cercato di raggiungere il veicolo, ma non ci è riuscito: l’acqua è troppo limacciosa e gelida e ormai la Touran si era adagiata sul fondale fangoso, a circa tre metri di profondità. È riuscito a scorgere, però, nell’oscurità, la sagoma di una donna prigioniera dell’abitacolo.
Alle 10.45 sono arrivati 118, vigili del fuoco, Polstrada di Spilimbergo e Pordenone e gli agenti della Squadra volante. Sul posto, a sovrintendere le operazioni, il sostituto procuratore Vallrin e il vicequestore aggiunto Pier Giovanni Rodriquez. In attesa del nucleo sommozzatori dei pompieri, partiti da Trieste, è stato convocato Alex Marson, 43enne pordenonese, titolare del negozio di atttrezzature subacquee Explorers in via Montereale e uno degli speleo-sub più conosciuti della regione.
Donna e bambino morti nell’auto finita nel lago, il racconto di un testimone
Una donna e un bambino sono morti in un’auto finita nel lago della Burida a Pordenone. Nel video, il racconto di un testimone che spiega quanto successo (video Missinato).
È lui, con le lacrime agli occhi, a liberare dal seggiolino e depositare nelle mani dei pompieri il corpicino senza vita di Federico. Sarà l’inchiesta, coordinata dal pm Pier Umberto Vallerin, ad accertare cosa sia accaduto. Varie le ipotesi, ma non si esclude il gesto volontario. Dalle testimonianze dei familiari è emerso che la donna soffriva di crisi depressive.
L’autopsia, disposta per stamattina, chiarirà tuttavia se la donna abbia ingerito una dose tale di farmaci ansiolitici – alcune confezioni, aperte, sono state trovate nella sua borsa – che possa averla spinta, in una sorta di trance, a prendere la discesa sterrata verso il lago anziché proseguire lungo via della Burida. I farmaci trovati nella borsa della donna sono medicinali che, se assunti in dosi non terapeutiche, possono rafforzare infatti eventuali istinti suicidi.
COMMENTO
Cosa altro devo aggiungere a quanto “urlo” da anni?
E tutto può iniziare da una “inspiegabile” depressione causata dal peggior nemico della salute mentale, il glutine.
Glutine che ti porta dal medico di base o dallo “specialista”, che, totalmente ignorante su cosa andrà a prescrivere, ti congederà con la ricetta medica che sarà l’inizio della tua fine.
Il giornalista firmatario di questo articolo ha messo in evidenza l’uso di psicofarmaci, precisando che “se assunti in dosi non terapeutiche, possono rafforzare infatti eventuali istinti suicidi”.
Non esistono dosi terapeutiche. La merda rimane merda, anche a “dosi terapeutiche”.
Pietro Bisanti