SOSPENSIONE TERAPIA IN PAZIENTE BIPOLARE
COMMENTO AL MIO ARTICOLO
DAPAROX, LYRICA E LITIO: BIPOLARE SENZA EMOZIONI
Considero un’enorme mancanza di responsabilità consigliare l’abbandono della terapia farmacologica prescritta dallo psichiatra ad un paziente bipolare, esperienza personale è il modo migliore per finire all’ospedale.
RISPOSTA
Ciao Gladysmejia, o chiunque si nasconda dietro questo pseudonimo.
Se avessi letto con attenzione il mio articolo, avresti colto diverse sfaccettature e avresti evitato un commento che evidenzia erroneamente un mio asserito consiglio a dismettere una terapia psicofarmacologica irresponsabilmente.
In realtà, ripeto, le cose non stanno così, e mi dai l’occasione, oltre che di ribadirlo, di aggiungere qualche altra considerazione personale.
Anzitutto, senza se e senza ma, gli psicofarmaci NON devono, a mio sommo parere, trovare posto alcuno nella vita di qualunque essere umano o animale.
Sono sostanze demoniache, relativamente recenti (con l’introduzione della torazina nei primi anni Quaranta del secolo scorso), e delle quali sembra ora che l’uomo moderno non posso fare a meno.
Ma ti sei mai chiesta cosa sia uno psicofarmaco?
La risposta è molto semplice: sono molecole chimiche, estranee all’organismo, che una volta introdotte lo costringono a trovare un nuovo equilibrio per far fronte alla loro presenza, che, quando va bene (direi molto bene) mascherano una sintomatologia che può avere origine da tantissime cause diverse, siano esse di natura organica che psicologica, che ambientale, che di tutte e tre.
Ma che quando va male, tramutano teenager in assassini, nipoti che uccidono i nonni, bambini di 10 anni che si impiccano., mamme che mettono i figli nella lavatrice.
Da operatore di polizia quale sono, mi accorgo che gli psicofarmaci sono ormai causa o concausa di tantissimi comportamenti violenti, deviati, antisociali.
E il nostro sistema giudiziario è assolutamente indietro; i nostri poliziotti e carabinieri impreparati a riguardo; gli ospedali diventano meri dispensatori di pillole per far star tranquilla la gente.
Questo approccio deve cambiare.
Deve cambiare l’approccio alla “malattia mentale”, cominciando a investigare a 360 gradi ogni qualvolta ci si trovi davanti a una persona che manifesta disordini di tipo psichiatrico.
Le forze dell’ordine devono comprendere che una persona che assume psicofarmaci può, per esempio, taccheggiare in un supermercato senza in realtà volerlo.
La magistratura deve cominciare a comprendere che una mamma che mette in lavatrice il proprio figlio poiché sotto cura psichiatrica NON ha bisogno di farmaci più potenti, ma in realtà di eliminare quelli che stava prendendo e che le hanno fatto commettere, contro la sua volontà, tale gesto!
Questo è il salto che deve essere fatto.
Nessun nega che la sintomatologia di ordine psichiatrico esista eccome; come nessuno nega che i problemi di tipo pratico e di vita possano metterci a dura prova dal punto di vista psicologico.
Ma ne passa da qui a mettere il proprio figlio nella lavatrice.
Deve cambiare, come detto, l’approccio al “malato mentale”.
Quanti medici investigano su di un paziente che lamenta distrurbi di origine psichiatrica?
Pochi, direi pochissimi.
Eppure, posso elencare tantissime evenienze che possono dare manifestazioni di ordine psichiatrico:
-diabete
-tiroidite
-vapori di mercurio e metalli pesanti
-glutine e caseina
-denti devitalizzati.
Quando i medici capiranno una volta e per tutte che il buon umore si gioca nell’intestino e non nel cervello?
Quando i medici capiranno che un’alimentazione onnivora è causa/concausa dello sfascio della salute mentale mondiale, oltre ad altri fattori molto spesso di origine organica?
Quando le mamme capiranno che un bambino cresciuto a merendine e zucchero bianco tenderà a essere sempre nervoso, agitato e irrequieto?
La soluzione è semplice: una pillola, e quando questa non funziona, facciamo dei bei cocktail di psicofarmaci, come avviene sempre più spesso.
Torniamo a noi…
Quindi, partendo dal fatto che il disturbo bipolare esiste eccome, ecco che ne andrebbe investigata la causa.
E invece giù di litio e altri farmaci, che incatenano il paziente a se stesso.
L’errore, cara amica, è cominciare la terapia senza aver capito la reale motivazione per cui quei particolari disturbi sono emersi.
E gli psicofarmaci sono tanto demoniaci quanto difficili da dismettere.
Hai perfettamente ragione sul fatto che interrompere la terapia “cold turkey”, cioè “di botto” come dicono gli americani, ti mandi dritto filato al pronto soccorso.
Ti sei mai chiesta perché?
Perché sono sostanze dopanti, che provocano assuefazione e tolleranza, che sconquassano l’organismo.
Tutto ciò che è innaturale e dopante è difficile da dismettere.
Se da domani ti dicessi: smetti di fumare, smetti di mangiare carne, pasta, dolci, pesce, e mangia invece tutta la frutta e la verdura che vuoi, come ti sentiresti?
Se invece ti lasciassi tutte le tue cattive abitudini, e ti dicessi di non mangiare più banane, arance, mele, pere etc…penso che non te ne fregherebbe nulla.
Se mangi mele da sempre, e poi smetti di mangiarle, non avrai una crisi come se smettessi gli psicofarmaci.
La risposta sta tutta qui: gli psicofarmaci sono sostanze assolutamente equiparabili alle droghe di strada, e la loro dismissione deve avvenire gradatamente e con grande attenzione.
Oppure, l’unica alternativa, è prenderle tutta la vita, come ormai è diventato di moda.
Con la solita scusa che gli psichiatri portano avanti: “Ma se ti fa stare bene, e sopporti bene gli effetti collaterali, perché dismetterli?”
Perché distruggono l’organismo; sono portatori di patologie come il diabete (ormai conclamato con lo Zyprexa), i tumori; fanno aumentare o diminuire a dismisura il peso corporeo, aumentano la prolattina, distruggono la vita sessuale, rallentano nei movimenti, tolgono la vera gioia di vivere, soffocano la personalità.
Potrei andare avanti per ore, senza contare che più spesso di quanto si creda, ti trasformano in un essere malvagio, insensibile, pronto a fare del male agli altri e/o a se stesso.
Spero che la risposta al tuo commento sia stata esaustiva.
A te la scelta.
Se avessi letto con attenzione il mio articolo, avresti colto diverse sfaccettature e avresti evitato un commento che evidenzia erroneamente un mio asserito consiglio a dismettere una terapia psicofarmacologica irresponsabilmente.
In realtà, ripeto, le cose non stanno così, e mi dai l’occasione, oltre che di ribadirlo, di aggiungere qualche altra considerazione personale.
Anzitutto, senza se e senza ma, gli psicofarmaci NON devono, a mio sommo parere, trovare posto alcuno nella vita di qualunque essere umano o animale.
Sono sostanze demoniache, relativamente recenti (con l’introduzione della torazina nei primi anni Quaranta del secolo scorso), e delle quali sembra ora che l’uomo moderno non posso fare a meno.
Ma ti sei mai chiesta cosa sia uno psicofarmaco?
La risposta è molto semplice: sono molecole chimiche, estranee all’organismo, che una volta introdotte lo costringono a trovare un nuovo equilibrio per far fronte alla loro presenza, che, quando va bene (direi molto bene) mascherano una sintomatologia che può avere origine da tantissime cause diverse, siano esse di natura organica che psicologica, che ambientale, che di tutte e tre.
Ma che quando va male, tramutano teenager in assassini, nipoti che uccidono i nonni, bambini di 10 anni che si impiccano., mamme che mettono i figli nella lavatrice.
Da operatore di polizia quale sono, mi accorgo che gli psicofarmaci sono ormai causa o concausa di tantissimi comportamenti violenti, deviati, antisociali.
E il nostro sistema giudiziario è assolutamente indietro; i nostri poliziotti e carabinieri impreparati a riguardo; gli ospedali diventano meri dispensatori di pillole per far star tranquilla la gente.
Questo approccio deve cambiare.
Deve cambiare l’approccio alla “malattia mentale”, cominciando a investigare a 360 gradi ogni qualvolta ci si trovi davanti a una persona che manifesta disordini di tipo psichiatrico.
Le forze dell’ordine devono comprendere che una persona che assume psicofarmaci può, per esempio, taccheggiare in un supermercato senza in realtà volerlo.
La magistratura deve cominciare a comprendere che una mamma che mette in lavatrice il proprio figlio poiché sotto cura psichiatrica NON ha bisogno di farmaci più potenti, ma in realtà di eliminare quelli che stava prendendo e che le hanno fatto commettere, contro la sua volontà, tale gesto!
Questo è il salto che deve essere fatto.
Nessun nega che la sintomatologia di ordine psichiatrico esista eccome; come nessuno nega che i problemi di tipo pratico e di vita possano metterci a dura prova dal punto di vista psicologico.
Ma ne passa da qui a mettere il proprio figlio nella lavatrice.
Deve cambiare, come detto, l’approccio al “malato mentale”.
Quanti medici investigano su di un paziente che lamenta distrurbi di origine psichiatrica?
Pochi, direi pochissimi.
Eppure, posso elencare tantissime evenienze che possono dare manifestazioni di ordine psichiatrico:
-diabete
-tiroidite
-vapori di mercurio e metalli pesanti
-glutine e caseina
-denti devitalizzati.
Quando i medici capiranno una volta e per tutte che il buon umore si gioca nell’intestino e non nel cervello?
Quando i medici capiranno che un’alimentazione onnivora è causa/concausa dello sfascio della salute mentale mondiale, oltre ad altri fattori molto spesso di origine organica?
Quando le mamme capiranno che un bambino cresciuto a merendine e zucchero bianco tenderà a essere sempre nervoso, agitato e irrequieto?
La soluzione è semplice: una pillola, e quando questa non funziona, facciamo dei bei cocktail di psicofarmaci, come avviene sempre più spesso.
Torniamo a noi…
Quindi, partendo dal fatto che il disturbo bipolare esiste eccome, ecco che ne andrebbe investigata la causa.
E invece giù di litio e altri farmaci, che incatenano il paziente a se stesso.
L’errore, cara amica, è cominciare la terapia senza aver capito la reale motivazione per cui quei particolari disturbi sono emersi.
E gli psicofarmaci sono tanto demoniaci quanto difficili da dismettere.
Hai perfettamente ragione sul fatto che interrompere la terapia “cold turkey”, cioè “di botto” come dicono gli americani, ti mandi dritto filato al pronto soccorso.
Ti sei mai chiesta perché?
Perché sono sostanze dopanti, che provocano assuefazione e tolleranza, che sconquassano l’organismo.
Tutto ciò che è innaturale e dopante è difficile da dismettere.
Se da domani ti dicessi: smetti di fumare, smetti di mangiare carne, pasta, dolci, pesce, e mangia invece tutta la frutta e la verdura che vuoi, come ti sentiresti?
Se invece ti lasciassi tutte le tue cattive abitudini, e ti dicessi di non mangiare più banane, arance, mele, pere etc…penso che non te ne fregherebbe nulla.
Se mangi mele da sempre, e poi smetti di mangiarle, non avrai una crisi come se smettessi gli psicofarmaci.
La risposta sta tutta qui: gli psicofarmaci sono sostanze assolutamente equiparabili alle droghe di strada, e la loro dismissione deve avvenire gradatamente e con grande attenzione.
Oppure, l’unica alternativa, è prenderle tutta la vita, come ormai è diventato di moda.
Con la solita scusa che gli psichiatri portano avanti: “Ma se ti fa stare bene, e sopporti bene gli effetti collaterali, perché dismetterli?”
Perché distruggono l’organismo; sono portatori di patologie come il diabete (ormai conclamato con lo Zyprexa), i tumori; fanno aumentare o diminuire a dismisura il peso corporeo, aumentano la prolattina, distruggono la vita sessuale, rallentano nei movimenti, tolgono la vera gioia di vivere, soffocano la personalità.
Potrei andare avanti per ore, senza contare che più spesso di quanto si creda, ti trasformano in un essere malvagio, insensibile, pronto a fare del male agli altri e/o a se stesso.
Spero che la risposta al tuo commento sia stata esaustiva.
A te la scelta.
quando una persona si ammala di disturbo bipolare,psicosi schizoaffettiva o schizofrenia non basta scoprire la causa,oramai queste terribili malattie le ai e non andranno via mai;parlo di una mia esperienza:la mia compagna