VAGONATE DI ANTIPSICOTICI: PIEDI GONFI E TOTALE PERDITA DI CREATIVITA’
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LETTERA
Ciao Pietro, sono *****, ci tengo a congratularmi con lei per quello che fa, è davvero ammirevole.
Ora provo a raccontarle un po’ la mia situazione nella speranza che possa riuscire a spiegarmi il meglio possibile così da ricevere un suo supporto (con l’effetto del farmaco è difficilissimo).
Iniziai ad assumere psicofarmaci all’età di 15 anni, orientata verso la strada della psichiatria per sprono da parte di mio padre che ha sempre riposto fiducia in tale ambito. Decisi di rivolgermi a loro per incompetenza famigliare nella sindrome di tourette, che in seguito all’incomprensione mi portò ossessione compulsiva e depressione.
La psichiatra mi diede lo ziprexa, in una settimana ebbi eccessivi tremori da svenire e in pronto soccorso mi salvarono. Poi la psichiatra disse che io sono troppo sensibile al farmaco, così mi diminuì la dose facendomelo prendere da 1 mg. Smisi di frequentare la scuola musicale dove ero interessata a progredire per un titolo di studio perché non avevo più passione, ingrassai, e i miei piedi si gonfiarono.
Ma la psichiatra disse che non poteva essere reale che la mia passione per la musica fosse svanita a causa del psicofarmaco, ma che era dovuto alla “malattia”. Mi diede anche zoloft e per mezzo di tale compenso non mi sentivo cedere al 100%.
Ma continuai a sentirmi disorientata nella grande speranza che la mia emozione dell’arte potesse ritornare, ma così non fu. Cambiai psichiatra, e anch’esso mi disse che era per malattia, mi cambiò psicofarmaco con risperdal che mi diede gli stessi effetti collaterali del primo con in più una tremenda angoscia, e allergie.
Volevo con tutta me stessa ritornare creativa, feci diversi ricoveri in spdc, ma tutti i dottori mi inculcavano che l’aver interroto gli studi e la mancanza di creatività era malattia. Nell’ultimo ricovero mi seguirono con la tms, ed in seguito il mio corpo si fermò per circa 10 minuti per questo decisi contro il volere di tutti di autodimettermi.
Nel contempo ho assunto diversi psicofarmaci tra cui serenase che mi provocò lo stesso problema dello ziprexa , infine abilify che mi fece andare sottopeso con svenimenti, dolori allo stomaco e forte nausea. Dopo sette anni in seguito all’ultimo ricovero in spdc, decisi contro tutti a lasciare la psichiatria, e gradualmente smisi gli psicofarmaci.
Le mie emozioni ritornarono, ero molto contenta, ma io e i miei genitori avevamo continui conflitti. Non avevo un lavoro, e andai per qualche tempo in una casa libera di una mia parente dove mi sentii vivere una vita completa, ero però sempre in collera con i miei genitori e tornata la mia parente dovetti tornare a casa, i conflitti con loro furono sempre frequenti, in quanto loro erano convinti che avessi bisogno di psicofarmaci, mentre io non li tolleravo con tutta me stessa.
Così mi fecero fare il tso dove mi somministrarono aloperidolo, dimessa tentai di fuggire, mi rivolsi a uno psichiatra allo scopo di liberarmi dall’obbligo psichiatrico, egli mi diede psicofarmaci col tentativo di prendermi lui a carico, io non lo presi di nascosto e mi liberai dal tso.
Ebbi un danno causatomi dall’aloperidolo, poiché il neurologo mi diagnosticò lieve forma di parkinsonismo, ipoattività e rallentamento motorio. In seguito mia madre morì e mio padre mi fece andare in comunità, dove mi fecero andare per mezzo del ricovero coatto in spdc in aspettazione che si liberasse un posto in comunità.
Nel frattempo in ospedale cercai di convincere lo psichiatra a non darmi gli psicofarmaci, così lui mi fece andare senza l’obbligo farmacologico. In comunità cercai di convincere la mia psichiatra a farle capire che necessitavo di un neurologo che potesse risolvermi il problema causatomi dall’haldol, ma non mi permise di prendermi i soldi per poterlo fare, io avevo sempre sintomi influenzali, ma lei non li credeva, e io dovetti prendere spesso degli analgesici di nascosto.
Non mi credette neppure per i problemi fisici, essi si risolsero dopo che mi feci portare i documenti delle visite precedenti dove indicavano che necessitavo di operarmi. Per queste ragioni, ebbi dei comportamenti eccessivi e andai in esaurimento, e così mi obbligarono alle cure psichiatrice, con il farmaco xeplion, cambiai comunità e dove gli psichiatri decisero di mettermi l’amministratore di sostegno allo scopo di tutelarmi alle loro terapie.
Ora sono a casa, e stiamo lottando, con l’aiuto dei miei amici, dell’associazione antipsichiatrica, anche di mio padre di farmi levare il farmaco. Non ho idea di come l’amds possa collaborare col cps per il psicofarmaco. Lei avrebbe qualche suggerimento in più? La ringrazio molto per l’attenzione. Daniela.
RISPOSTA
Buongiorno Daniela,
Come dico sempre, non sono un medico, non faccio diagnosi, non curo nessuno né prescrivo alcunché, e ben me ne guardo dal farlo, essendo io stesso un autentico sostenitore della capacità autoguaritiva del corpo umano, allorquando gliene venga data la possibilità.
Veniamo a noi.
Come non capire un benemerito accidenti di cosa sia il corpo umano, di come funzioni, e di cosa abbia bisogno per stare in salute.
Più ricevo storie similari, più mi chiedo cosa diavolo passi nella testa di questi arroganti e ignoranti “professionisti” in camice bianco, capaci solo di rovinare completamente la vita delle persone che hanno la sfortuna di incontrarli.
Certo che la perdita di creatività è la diretta conseguenza dell’uso degli antipsicotici.
Questa demoniaca categoria di psicofarmaci è nata proprio per lobotomizzare chimicamente chi li assume: appiattimento totale delle emozioni, e quindi nessun problema per la nostra società malata.
Cosa fare ora, senza perdersi in inutili chiacchiere.
Nel suo caso, bisogna che lei crei intorno a sé una rete di solide amicizie, con persone pronte ad aiutarla.
Dismettere i farmaci significa infatti andare incontro a crisi anche potentissime, che necessitano di un supporto fisico e morale forte e intelligente, altrimenti rischia di tornare diretta in spdc, facendo gongolare lo psichiatra di turno.
Fatto questo, si prende in mano la propria salute, ai sensi dell’art. 32 della nostra Costituzione, senza delegarla a nessuno.
Scalaggio lento del farmaco (uno alla volta, e non più del 10% al mese) e virata decisa ma graduale verso un’alimentazione vegana, crudista quanto basta, a ZERO glutine, ZERO zuccheri artificiali, a basso tenore di grassi, eliminando immediatamente qualunque cosa non sia un cibo vero.
E poi non si fa altro che aspettare.
Si rinforza il fisico, sapendo che il corpo, messo in condizioni di guarire, guarirà.
È un concetto di una semplicità disarmante, eppure si continuano a imbottire milioni di persone di sostanze chimiche demoniache senza cavare un ragno dal buco.
Questo mondo, per molti aspetti, fa veramente schifo.
Ci sentiamo in privato
Pietro Bisanti
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Siamo ora in grado di offrire un servizio di tutela legale, per chiunque si trovi tra le maglie della psichiatria o abbia subito da essa un danno.
Il concetto è molto semplice: chi può pagare poco, paga poco; chi non può pagare nulla, non pagherà nulla e noi interverremo comunque, per il semplice concetto che un essere umano in difficoltà deve sempre essere aiutato; chi può pagare tanto, pagherà il giusto e sarà a sua discrezione donare qualcosa a questa causa.
In questo modo, in base alle proprie possibilità, questo innovativo servizio potrà rimanere in piedi, senza sprofondare dopo due giorni.
SIAMO INOLTRE IN GRADO DI FORNIRE UN SERVIZIO DI ASSISTENZA PSICOLOGICA NON ATTRAVERSO IL SOLITO “PSICOLOGO DA LETTINO”, BENSI’ CON L’AUSILIO DI PROFESSIONISTI CHE AIUTINO VERAMENTE, SENZA “INCOLLARE” IL PAZIENTE A VITA.
Noi ci siamo. Per tutti, nel limite delle nostre possibilità.