PRENDE A PICCONATE CINQUE PERSONE E NE AMMAZZA DUE: LE MIE RIFLESSIONI PERSONALI

Tutti ormai sono sicuramente a conoscenza di cosa sia successo a Milano nella giornata di sabato scorso.
Un immigrato clandestino di origine ganese ha fatto una vera e propria strage nel quartiere Niguarda di Milano.
Lavorando al Nucleo Radiomobile del Comando Provinciale di Milano, ho assistito, pur non avendo preso parte all’arresto del medesimo, alle fasi immediatamente successive.
Vi descrivo, avendo cura di rispettare il segreto istruttorio, quello che ho visto:
1) Il ragazzo puzzava da morire, sintomo di almeno un periodo recente di vagabondaggio.
2) Lo sguardo appariva perso nel vuoto, e ha chiesto di poter mangiare (in inglese).
3) Non riusciva a capire il perché fosse ammanettato;
4) Dopo la iniziale richiesta di cibo, non ha pronunciato alcuna parola fino a quando è stato associato alla Casa Circondariale di San Vittore.
Via la lobotomizzazione, e cerchiamo di vedere le cose per quello che sono.
Nella mia ventennale carriera, ho visto di tutto, e ormai non mi meraviglio più di niente.
Nulla si sa del passato di questo ragazzo, cosa abbia subito, cosa abbia dovuto sopportare, ma quanto accaduto mi fa propendere ad un attacco di tipo allucinatorio, dovuto verosimilmente all’utilizzo di sostanze stupefacenti, magari pensando di vedere il demonio e di doverlo quindi uccidere.
Mi viene in mente la psicosi da cannabis, lo stesso motivo che ha portato il rampollo della famiglia Junker a sventrare la propria fidanzata dopo averci fatto l’amore, per poi scendere nudo in strada dicendo di essere “Bin Laden”.
Ma non voglio ora soffermarmi solo sulle presunte cause.
Se un mio familiare fosse stato ucciso o ferito in questa vicenda, magari io stesso sarei a invocare il patibolo e quindi, senza retorica, prima vengono i diritti delle vittime e poi quelli degli aggressori.
Ma la civiltà di un Paese (e in fatto di civiltà ne abbiamo da insegnare al mondo intero) si misura anche e soprattutto dal modo in cui tratta che imprigiona.
Chi sbaglia paga, ma penso che questo ragazzo pagherà per sempre.
Sono convinto infatti che gli aspetti davanti una vita di psicofarmaci, senza se e senza ma.
Anche qui infatti la moderna psichiatria non potrà che fallire.
Che senso ha imbottire di farmaci un essere umano, indipendentemente da quello che ha fatto?
I farmaci non faranno altro che soffocare qualunque tipo di percorso personale si decidesse di instaurare, sia nel caso in cui questo gesto fosse ricollegabile all’utilizzo di sostanze stupefacenti, sia che fosse stato compiuto senza l’interferenza di alcuna sostanza legale o illegale.
Le persone morte non torneranno, nemmeno se decidessimo di impiccare questo ragazzo in pubblica piazza.
Meglio un ergastolo lucido, che un oblio fatto di psicofarmaci.