MIO FIGLIO SOTTO PSICOFARMACI E’ ORMAI “UN ARREDO DI CASA”. PIETRO, AIUTAMI

LETTERA

Buongiorno Pietro, ho conosciuto il tuo blog grazie ad un caro amico che me l’ha segnalato, leggendo le varie lettere che sono arrivate e le risposte che dai, non ho potuto fare a meno di pensare alla situazione di mio figlio che, ormai diciottenne, ha un passato e un presente di chiusura sociale ed emotiva.

Il ragazzo in età adolescenziale (periodo della scuola media), ha cominciato ad assumere un atteggiamento di chiusura verso il mondo esterno alla famiglia, sino a quando questa chiusura, si è manifestata in un assoluto desiderio di non uscire quasi più da casa e interrompere ogni contatto con amicizie e parentela, eccezione fatta per i nonni.

Di fronte a tale situazione io e mia moglie ci siamo allarmati e vista la chiusura del ragazzo di fronte alla richiesta di motivazioni per questo suo atteggiamento che, giorno dopo giorno, si faceva sempre più estremo, ci siamo rivolti ad un centro di aiuto per adolescenti della nostra città.

Parlato con gli psicologi del centro, decidiamo di portare il ragazzo, per una serie di sedute, che si sono protratte senza risultati evidenti per alcuni anni, anzi il ragazzo si è anche ritirato da scuola.
Visto il protrarsi della situazione, su consiglio dello psicologo del centro, ci rivolgiamo ad il servizio di psichiatria minorile di ****** che dopo una veloce valutazione del ragazzo, partono immediatamente con una cura che consiste nell’assunzione di psicofarmaci fluoxetina 20 mg, carbolitium 300mg e aripripazolo 15mg al giorno.

Dopo quasi un anno che assume questa porcheria, oltre ad non avere avuto nessun risultato per quanto riguarda i contatti sociali, il ragazzo è ancora chiuso nelle mura domestiche e rifiuta quasi in toto ogni contatto esterno e dopo presentata la situazione alla psichiatra, che ormai essendo diventato maggiorenne e avendo dovuto passare dal centro minorile a quello per maggiorenni, è cambiata, l’unica cosa che ci consiglia è di aumentare la dose del farmaco!!

Ora io ho notato in mio figlio, in modo particolare negli ultimi mesi, un cambiamento negli atteggiamenti, è molto meno motivato, al mattino si alza con difficoltà e il suo sguardo spesso è assente e pensieroso.

Immagina il mio dolore e quello di mia moglie nel vedere nostro figlio che, ormai fa parte di un arredo domestico e mi fa male scriverlo, e non vedere nessun sviluppo positivo, ed immaginiamo il suo futuro senza studio e senza esperienze di lavoro, come triste e di dipendenza dalla famiglia e dai farmaci.

Forse ho sbagliato ad affidarmi ai medici in totale fiducia, forse avrei dovuto cercare altre strade per mio figlio, ma in totale buona fede ero convinto che tramite il servizio sanitario, avremmo, quantomeno, avuto un aiuto dal punto di vista di un sostegno al ragazzo diverso da quello solo ed esclusivo del farmaco.

Chiedo il tuo parere e ti espongo il mio timore che, facendo presente questi miei dubbi alla psichiatra, possa comunque imporre al ragazzo l’uso del farmaco per ” il suo bene “.
Ti ringrazio, complimenti per quello che fai e il coraggio di metterti contro un sistema bloccato e con una visione unilaterale di affrontare il problema della psichiatria.
Lettera firmata



RISPOSTA

Buongiorno Anonimo,
e grazie di aver scritto a questo piccolo uomo.
Come dico sempre, non sono un medico, non faccio diagnosi, non curo nessuno né prescrivo alcunché, e ben me ne guardo dal farlo, essendo io stesso un autentico sostenitore della capacità autoguaritiva del corpo umano, allorquando gliene venga data la possibilità.
Veniamo a noi…

Se prima di cominciare una maratona, ti mettessero nel bicchiere 20 gocce di tranquillante, ti meraviglieresti del fatto di non riuscire a correre?

Alla stessa maniera, il fatto che tuo figlio, come dici, sia diventato “un pezzo di arredo” e non più un essere umano è semplicemente la “normale” conseguenza dell’utilizzo dei farmaci che tu ora chiami “porcheria”, proprio perché ti sei accorto di come distruggano completamente corpo e mente di chi li assume.

E davanti all’evidenza della loro sconfitta, che cosa fanno questi “luminari”, che hanno studiato per anni e anni? Ti rimandano a casa, dicendoti che il problema non esiste, e che, anzi, devi ancora aumentare i dosaggi.

Ti basta per capire con chi hai a che fare?

Tornando indietro, NESSUN medico, dico NESSUNO si è minimamente preoccupato di “aggredire” il problema di tuo figlio anche dal punto di vista fisico/organico, cioè capire se ci fosse qualcosa che NON FUNZIONAVA, non nella sua testa, ma nel suo corpo.

In Italia, a livello psichiatrico, siamo al Medioevo, mentre in altri Paesi finalmente si approccia la persona in maniera multidisciplinare e multifattoriale.

E’ PIENO ZEPPO di studi scientifici che collegano l’alimentazione, le amalgame al mercurio, i denti devitalizzati, le cure antibiotiche etc… a problemi di natura psichiatrica anche severi.

Il mio approccio igienista e quindi da NON medico è di una semplicità disarmante: si prende in mano la propria salute, si scalano i farmaci in maniera lenta e costante secondo un protocollo stabilito e al tempo stesso si ricercano TUTTE le cause tossiche/metaboliche che possono influire con il delicato complesso delle reazioni biochimiche cerebrali.

Si parte quindi virando decisamente verso un’alimentazione vegana, crudista quanto basta, a ZERO glutine e a BASSISSIMO livello di grassi, in pratica l’alimentazione specifica per l’essere umano, che non è un leone, una mucca o un uccello, ma rimane un primate. Difficile da capire?

NESSUNO psichiatra può imporre NESSUN farmaco se non in regime di TSO. E i TSO NON si fanno perché uno non vuole prendere i farmaci, ma solo se sussistono GRAVI e IMMEDIATI pericoli per se stessi e/o per gli altri.

Bisogna essere INFORMATI dei propri diritti e FARSI VALERE.

Non siamo nel Medioevo o in un Paese dove ti impiccano se sei omosessuale.

Siamo in Italia. Nel 2017. E non si china la testa quando si è nella ragione.

Ci sentiamo in privato.

Avanti così

Pietro Bisanti

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Siamo ora in grado di offrire un servizio di tutela legale, per chiunque si trovi tra le maglie della psichiatria o abbia subito da essa un danno.
Il concetto è molto semplice: chi può pagare poco, paga poco; chi non può pagare nulla, non pagherà nulla e noi interverremo comunque, per il semplice concetto che un essere umano in difficoltà deve sempre essere aiutato; chi può pagare tanto, pagherà il giusto e sarà a sua discrezione donare qualcosa a questa causa.
In questo modo, in base alle proprie possibilità, questo innovativo servizio potrà rimanere in piedi, senza sprofondare dopo due giorni.
SIAMO INOLTRE IN GRADO DI FORNIRE UN SERVIZIO DI ASSISTENZA PSICOLOGICA NON ATTRAVERSO IL SOLITO “PSICOLOGO DA LETTINO”, BENSI’ CON L’AUSILIO DI PROFESSIONISTI CHE AIUTINO VERAMENTE, SENZA “INCOLLARE” IL PAZIENTE A VITA.

Noi ci siamo. Per tutti, nel limite delle nostre possibilità.