LE GIUSTE RIFLESSIONI DI UN OPERATORE SOCIO-SANITARIO

LETTERA

Buonasera Maresciallo

Mi chiamo *******, e abito in un comune dell’hinterland ******, ho ascoltato con grande interesse il suo intervento nella puntata 167 di Border Nights. in poche parole volevo farle conoscere la mia esperienza in materia. 

Sono un operatore socio-sanitario e animatore presso una cooperativa sociale del mio paese che ha in appalto servizi sociali quali l’assistenza domiciliare, il servizio di accompagnamento disabili, l’educativa minori, l’educativa scolastica etc. Dal 2009, seguo un ragazzo di circa ******, quindi praticamente un mio coetaneo, affetto da schizofrenia paranoica (295.3/F20.0 criterio ICD-10), attraverso il finanziamento della Legge n°162/98. 

Nell’arco ormai di quasi sette anni sento di poter fare le seguenti considerazioni:
1) l’alternarsi di almeno 4 medici psichiatri del CSM dei quali tre indirizzati verso una terapia fortemente farmacologica, soltanto uno di questi ha predisposto una terapia volta alla graduale riduzione dei farmaci, in particolare del RISPERDAL, valorizzando invece l’attività sportiva e ludico-ricreativa e favorendo il lavoro d’equipe tra personale del CSM, operatori dei servizi sociali e famiglia.
2) negli ultimi tre anni, in presenza di una terapia farmacologica “carica”, l’utente ha subito due TSO; gli episodi caratterizzanti sono passati dall’autolesionismo alla violenza contro familiari e contro gli operatori, tutto sommato senza gravi conseguenze, (in due occasioni io stesso sono stato l’oggetto dello sfogo violento dell’utente ma in entrambi i casi grazie all’aiuto di un collega siamo stati in grado di contenere l’utente senza che si facesse male né lui né noi e senza la necessità di scomodare il personale del CSM e riportandolo ad una situazione di calma in cui siamo riusciti a ragionare insieme a lui su cosa potesse essere stato il fattore scatenante della crisi);       
3) nel corso degli anni, una costante riduzione dei fondi destinati all’utente dalla Legge n°162/98 ha determinato la drastica scelta di dover dare priorità a certe prestazioni rispetto ad altre, per esempio l’igiene personale e l’alleggerimento sul carico familiare rispetto alla supervisione nelle faccende domestiche o nell’interazione con i familiari durante le visite al CSM, col rischio di non fornire all’utente un aiuto univoco e condiviso dall’intera equipe.

In conclusione posso dire, per la mia esperienza, che il sofferente mentale è un utente con cui ci vuole molta forza di volontà, non è facile amarlo ed essergli amico, ha bisogno che gli si dedichi del tempo, tanto tempo; spero di agire sempre con coscienza e professionalità e di imparare dagli errori che commetto. 
La cosa che mi preoccupa di più è che, nei momenti di lucidità, l’utente mi dica che vivere così non è più possibile, non ce la fa più. Ciò mi spaventa più di una crisi. Vorrei dargli almeno una speranza.
Grazie per l’attenzione.

cordiali saluti
Lettera firmata

p.s. può darmi indicazioni per acquistare il suo libro Assassini in pillole? Grazie.  


RISPOSTA

Buongiorno Anonimo,
e grazie di aver scritto a questo piccolo uomo.
Come dico sempre, non sono un medico, non faccio diagnosi, non curo nessuno né prescrivo alcunché, e ben me ne guardo dal farlo, essendo io stesso un autentico sostenitore della capacità autoguaritiva del corpo umano, allorquando gliene venga data la possibilità.
Veniamo a noi.

Il concetto principale è uno solo: NON ESISTONO MALATI MENTALI.

La cosiddetta “malattia mentale” è e rimane un sintomo, che va capito, affrontato e sradicato alla base.

NESSUN MALATO MENTALE È INGUARIBILE: si diventa cronici solo ed esclusivamente “grazie” agli psicofarmaci, che distruggono corpo e mente, rendendo incapace il malcapitato di turno di qualsiasi reazione.

L’ALIMENTAZIONE è IL PRIMO ASPETTO CHE VA CONSIDERATO per ristabilire un corretto equilibrio psicofisico.

Ci sono nel mondo MILIONI di persone etichettate come malati mentali, quando in realtà sono semplicemente cronicamente intossicate.

L’unica maniera, a mio umile parere, per far tornare alla vita un “malato mentale” è questa: scalaggio graduale dei farmaci, alimentazione vegana, crudista quanto basta, a ZERO glutine e bassissimo tenore di grassi.

Amore, comprensione e capire che abbiamo di fronte a noi UN ESSERE UMANO e non una latrina dove svuotare pillole e siringoni.

Grazie per la sua sensibilità. Ce ne vorrebbero di operatori come lei.

Ci sentiamo in privato.

Avanti così
Pietro Bisanti