DISMISSIONE DA ZOLOFT: UNA TELEFONATA DISPERATA E AGGHIACCIANTE MENTRE LO PSICHIATRA IN VACANZA SE NE FREGA

Che questo blog si stia espandendo a macchia d’olio, sintomo quindi che il tema degli psicofarmaci sia assolutamente attuale e molto sentito, è fuor dubbio.

Ma che una persona arrivasse a un tale stato di disperazione da riuscire a reperire il numero della caserma ove lavoro e contattarmi il 16 di agosto, mai me lo sarei aspettato.

Eppure è successo.
Ieri ho ricevuto una chiamata di una signora della provincia di Bergamo, e dalle prime due parole pronunciate ho capito che qualcosa non andava assolutamente.

La tipica, inconfondibile “voce da antidepressivo” come dico io.
E una disperazione tale, talmente forte da non farsi nessuno problema a chiamare un maresciallo dei Carabinieri in servizio nella sua caserma, a lei totalmente estraneo e sconosciuto.

Abbiamo parlato per più di due ore, e mi ha spiegato quanto la sua terapia composta da Zoloft, Remeron e Lexotan la stesse portando nel baratro più profondo, con una angoscia mai provata nemmeno quando erano sorti i sintomi che l’hanno poi portata a iniziare gli psicofarmaci.

Dentro di me ho capito immediatamente che soprattutto lo Zoloft è da imputare quale protagonista in negativo di come la signora si stia sentendo.

Ho tentato quindi di rassicurarla, e mi ha raccontato di come gli psichiatri da lei contattati continuassero a contraddirsi l’uno con l’altro, cambiando terapie su terapie come se stessero giocando al piccolo chimico.

E trattandola male allorquando facesse presente di continuare a peggiorare, giorno dopo giorno.

Fino a negarsi al telefono, dopo aver preso però un bel centone di euro in studio per una visita di pochi minuti…E che diamine, sono in vacanza anche loro!

Dov’è il giuramento di Ippocrate, dov’è il rispetto per un essere umano?

È mai possibile che una donna in piena crisi non abbia nessun’altro da chiamare se non un maresciallo dei carabinieri che lei nemmeno conosce?

È mai possibile che questa donna sia terrorizzata dall’andare in ospedale, proprio perché sa che lì non verrà aiutata a dismettere i farmaci che lei comprende perfettamente la stanno distruggendo, ma gliene verranno invece somministrati ulteriori, perché la risposta della psichiatria è solo farmacologica.

Grazie all’intervento di un’altra mia lettrice, che ringrazio di cuore, siamo riusciti a reperire il numero telefonico di uno psichiatra che la aiuterà in questa fase di dismissione.

Chiunque sia a conoscenza di specialisti umani, amorevoli e veramente innamorati del proprio lavoro, che non considerino somministrare farmaci l’unica cura, e che siano disponibili a seguire persone che vogliano dismettere i farmaci, è pregato di scrivere a pbisant@hotmail.com, in modo tale da formare un database per aiutare chi ne ha bisogno.