ANSIA E DEPRESSIONE ROACCUTAN-INDOTTE, SCALAGGIO INFERNALE PAROXETINA E PSICHIATRI IMBOTTITORI: SOLO PIETRO BISANTI DICE LE COSE COME STANNO
LETTERA
Gentile Pietro,
mi chiamo *******, ho 35 anni e le ho già scritto tramite facebook. Vorrei ringraziarla nuovamente per il suo immenso lavoro di ricerca e la condivisione con tutte noi vittime di un sistema malato.
Come già le scrivevo assumo la paroxetina da molti anni, dal 2002 circa, ma nemmeno ricordo ormai quando ho iniziato a prenderla. L’ho interrotta tre volte per poi tornare sempre a riassumerla su consiglio dei vari medici che, vedendomi ogni volta star male dopo la fine della terapia, mi dicevano che non ero ancora guarita e dovevo continuare a riprenderla, anche per tutta la vita se necessario.
In realtà solo successivamente, e informandomi per conto mio, ho capito che quelle sensazioni che provavo erano semplicemente sintomi da sospensione e, se qualcuno me lo avesse detto, magari sarebbero già anni che avrei smesso con questa roba…. Inoltre ho sempre dovuto fare lo scalaggio da sola (cosa che sconsiglio vivamente) perché nessun medico era disponibile ad aiutarmi. L’ultima volta che c’ho provato mi sono ritrovata al pronto soccorso con ansia generalizzata, tremori, panico e anche lì nessuno che mi abbia detto che stavo subendo i sintomi da sospensione.
Invece di trovare aiuto e spiegazioni per superare il momento mi sono ritrovata con la prescrizione di ben tre farmaci: paroxetina di nuovo, gocce En, per il periodo critico della ripresa del farmaco, e Tolep come stabilizzatore dell’umore. Sono uscita dallo studio dello psichiatra ancora più disperata con l’infermiera del Centro di Salute Mentale che insisteva nel dirmi di tranquillizzarmi, che la cura avrebbe fatto effetto, che in alcuni casi i farmaci servono perché ci sono squilibri chimici nel cervello…. Ma io piangevo perché mai avrei voluto prendere farmaci e per giunta un ansiolitico, conoscendo già l’effetto di dipendenza che procura dopo poco, né tantomeno un farmaco antiepilettico…. La risposta è stata “intanto pensa a stare bene, alla dipendenza ci pensiamo dopo”. Certo… perché ai dosaggi in cui prendevo l’ansiolitico secondo loro non si sarebbe potuta creare una dipendenza. Ci sarebbe voluto un dosaggio più alto e un tempo più lungo….
Con grande disperazione e un profondo senso di sconfitta ho iniziato questa “terapia”, ma non ho osato MAI prendere il Tolep, l’ho preso in farmacia e buttato….. Ero e sono ancora troppo viva per decidere di prendere una roba del genere. E ho fatto bene. Per mia sfortuna però ho ripreso la paroxetina e le En…. L’avessi mai fatto… Sarò breve perché la cosa in realtà è stata lunga e dolorosa. Le En mi hanno creato dipendenza da subito. Ho provato a scalarle una prima volta dopo un mese e ho avuto sintomi il giorno stesso in cui ho assunto l’ultima goccia.
Ho chiamato chi me le aveva date e mi ha detto che la paroxetina probabilmente non aveva fatto ancora effetto e mi ha suggerito di aumentarne il dosaggio di 10 mg. Cosa che per fortuna non ho fatto. Dopo un altro mese secondo tentativo di dismissione, tremori, ansia generalizzata, notte insonne in preda al panico e pronto soccorso. Di nuovo il discorso che le medicine dovevano avere il tempo di agire e che non avevo sintomi da dipendenza.
Sempre più sconfortata, disperata, impaurita dalla possibilità di essere ormai entrata in un circolo vizioso dal quale non sarei mai uscita mi sono rivolta altrove a cercare aiuto. Sono andata da una bravissima erborista alla quale ho raccontato la vicenda. Mi ha consigliato del tiglio (non potevo prendere cose erboristiche più “forti” come iperico, griffonia o altro per la loro incompatibilità con la paroxetina) da prendere e suggerito come riprendere a basso scalaggio le gocce e come diminuirle lentamente. Ce l’ho fatta. In totale ho assunto le En per 4 mesi.
Ho avvertito di nuovo i sintomi intorno all’ultima settimana di scalaggio ma quello che è avvenuto dopo è stato l’inferno. Il mese successivo mi ha messo duramente alla prova psicologicamente. I sintomi erano terribili: depressione fortissima, derealizzazione, apatia, paura di impazzire, paura di perdere il controllo e di fare del male a me e ai miei cari, pensieri ossessivi sulla realtà (mi chiedevo se tutto quello che vedevo fosse vero o creato dalla mia mente).
Panico, terrore, profondo senso di vuoto interiore. Dopo circa un mese ho iniziato finalmente a stare meglio. I sintomi si sono molto attenuati e sono rimasti “solo” i pensieri ossessivi, migliorati anche quelli nell’arco del mese successivo anche se non completamente spariti a tutt’oggi.
Quello che mi è rimasto da quest’esperienza di dismissione delle benzodiazepine è un profondo senso di insicurezza e di paura. Sto decisamente meglio ma mai benissimo. Ho ancora tanta paura di ciò che ho vissuto, delle sensazioni che ho provato e di cui nessuno mi aveva parlato. Ho ancora uno strano senso di straniamento e confusione che non so ormai se dipendano dalle En, dalla paroxetina o da qualche altro disturbo da esse creato.
Adesso è il momento della paroxetina. Ho deciso comunque di dismetterla perché sono stanca di essere dipendente da questa droga di cui ormai inizio a sentire gli effetti collaterali in maniera evidente. Sono profondamente ferita da chi me l’ha prescritta e da chi ha continuato negli anni a sminuirla e ad elogiarla solo come un ottimo rimedio anti panico senza mai mostrarmi l’altra faccia della medaglia.
Sarà dura e non nascondo di avere paura di ciò che di nuovo sentirò. La voglia di essere libera è però più forte, ho scoperto in me una forza che non credevo di avere. L’istinto di sopravvivenza, l’amore per la vita, la speranza in un futuro finalmente sereno e l’amore di chi mi è stato e continua a starmi vicino sono state e sono la mia salvezza.
E grazie anche a persone come lei che raccolgono testimonianze e diffondono informazioni altrimenti occultate e stravolte. Io sono con lei e non mollo.
Come ultima cosa vorrei chiederle di più sul servizio di assistenza psicologica di cui parla nel suo blog. Potrebbe essermi d’aiuto.
PS. Ho scoperto da poco qualcosa in più su un altro capitolo della mia vita pre paroxetina. Ho assunto per circa un anno o due, un farmaco anti acne, il Roaccutan. Avevo 18 anni. Solo recentemente ho scoperto che questo farmaco produce tra gli effetti collaterali, anche a lungo termine, depressione, ansia, attacchi di panico e ha indotto molti al suicidio proprio per questo.
Che dire….. La prendo con filosofia perché potrei cedere alla rabbia e prendermela anche con il medico che me la prescrisse parlandomi solo dei gravi effetti teratogeni ma non delle possibili implicazioni dal punto di vista psicologico e psichiatrico. L’ho assunto circa un paio di anni prima di cominciare a soffrire di ansia con annessi e connessi… Un caso? Io non credo al caso, tantomeno quando si tratta di farmaci.
Vorrei perciò, tramite la mia testimonianza, raccomandare a tutti di prestare attenzione non solo agli psicofarmaci ma anche a quei farmaci che apparentemente sembrare non entrarci niente ma che possono avere invece gravi effetti sulla nostra mente.
Se deciderà di pubblicare la mia mail sul suo blog ne sarò felice ma la prego di omettere il mio nome.
Grazie di cuore Pietro e buon lavoro.
Lettera firmata
RISPOSTA
Buongiorno Anonima,
e grazie di aver scritto a questo piccolo uomo.
Come dico sempre, non sono un medico, non faccio diagnosi, non curo nessuno né prescrivo alcunché, e ben me ne guardo dal farlo, essendo io stesso un autentico sostenitore della capacità autoguaritiva del corpo umano, allorquando gliene venga data la possibilità.
Veniamo a noi.
Siamo ad un passo dalla meta.
Solo la sua grande sete di sapere e la sua inarrendevole scorza fisica le hanno permesso di non soccombere ed entrare a far parte dell’ennesimo caso di cronaca spacciato per suicidio per motivi economici, passionali etc…
La sua testimonianza descrive in maniera chiara, dettagliata, oserei dire praticamente perfetta cosa esattamente siano questi spocchiosi cialtroni in camice bianco: spacciatori di sostanze stupefacenti che altro non fanno se non annientare il genere umano.
Anche davanti alla più OVVIA realtà, continuano imperterriti a difendere le loro demoniache pasticche, puntando sempre e comunque all’incremento del dosaggio, senza mai e poi mai metterne in discussione gli effetti e soprattutto la DIPENDENZA.
Sono e rimangono la rovina dell’umanità, e questo blog si fermerà solo ed esclusivamente quando l’ultimo psichiatra esistente sulla faccia della terra sarà tornato a coltivare pomodori (con tutto il rispetto per questo meraviglioso “lavoro”).
Gli psicofarmaci, infatti, non hanno alcun posto nella vita degli esseri umani. Nessuno. Né per un breve né per un lungo periodo. Nemmeno una compressa, nemmeno un goccia. MAI, nemmeno per un secondo.
Obnubilare il cervello con sostanze chimiche seppur legali dovrà essere dichiarato un vero e proprio crimine contro l’umanità.
Ora, partiamo con tutta una serie di consigli pratici, soprattutto ora che dovrà affrontare lo scalaggio dell’antidepressivo SSRI più ostico, subdolo e pericoloso mai inventato.
Legga attentamente qui. Non sono d’accordo sull’evitare lo scalaggio in autonomia: si può e va fatto, basta circondarsi di persone che capiscano quello che sta succedendo, oltre ad avere ben chiaro cosa siano la dipendenza, gli effetti da dismissione e cosa esattamente accada al corpo nella sua strada verso la guarigione.
Per quanto riguarda il Roaccutan e l’inizio dei suoi problemi psichiatrici: ECCOME se esiste la connessione, ho dedicato a questo aspetto una grande parte del mio libro.
FISICO E MENTE sono intimamente collegati: il messaggio banale ma al tempo stesso innovativo di questo blog è che l’alimentazione gioca un ruolo FONDAMENTALE nell’eziologia e quindi nella successiva sparizione dei cosiddetti disturbi mentali.
Per quanto riguarda i suoi ulteriori sintomi: abbia fiducia, tutto sparirà a patto di trattare il proprio corpo come si deve.
Legga attentamente il blog e se vuole acquisti il mio libro, che le sarà di immenso aiuto mi creda.
Ci sentiamo in privato, anche per il nostro servizio di aiuto psicologico.
Io ci sono
Pietro Bisanti
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Siamo ora in grado di offrire un servizio di tutela legale, per chiunque si trovi tra le maglie della psichiatria o abbia subito da essa un danno.
Il concetto è molto semplice: chi può pagare poco, paga poco; chi non può pagare nulla, non pagherà nulla e noi interverremo comunque, per il semplice concetto che un essere umano in difficoltà deve sempre essere aiutato; chi può pagare tanto, pagherà il giusto e sarà a sua discrezione donare qualcosa a questa causa.
In questo modo, in base alle proprie possibilità, questo innovativo servizio potrà rimanere in piedi, senza sprofondare dopo due giorni.
SIAMO INOLTRE IN GRADO DI FORNIRE UN SERVIZIO DI ASSISTENZA PSICOLOGICA NON ATTRAVERSO IL SOLITO “PSICOLOGO DA LETTINO”, BENSI’ CON L’AUSILIO DI PROFESSIONISTI CHE AIUTINO VERAMENTE, SENZA “INCOLLARE” IL PAZIENTE A VITA.
Noi ci siamo. Per tutti, nel limite delle nostre possibilità.